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Abbiamo perso il primo tempo della sfida al Covid, ora serve competenza !

 Inviato da Stefania Munafò – Palermo

La vera sfida al Covid era questa:

Nuovi posti letto – Assunzione sanitari – Ambulanze covid dedicate. 

Ormai è tardi per sistemare le cose. Rendiamoci conto che sarebbe servito assumere sanitari (che però non ci sono in tutta Italia anche perché molti siamo riusciti a farli andar via), i posti letto dedicati erano sottostimati e non è pensabile ormai non scegliere di bloccare tutte le attività che non siano emergenza e oncologiche per dedicare interi ospedali al Covid. 

Anche se Un Sistema sanitario che tenga dovrebbe garantire l’assistenza a tutti i cittadini! 

Abbiamo cercato di tutelare il resto delle prestazioni e abbiamo sottovalutato l’ondata del covid. E adesso c’è anche una emergenza nella emergenza: riuscire a soccorrere tempestivamente anche i pazienti no covid, mentre non riusciamo a garantire l’emergenza covid. 

Servono anche ambulanze dedicate al trasporto dei pazienti Covid in ospedale, una sorta di 118 covid. 

La vera sfida era creare posti nuovi per i Covid non convertire ospedali e reparti privando i cittadini di altro genere di assistenza sanitaria!

E invece se manca il personale sanitario e si rischia un crollo nella qualità dell’assistenza, bisogna utilizzare quello che già esiste in alcuni settori già esistenti. Riconvertire le medicine generali, i reparti di geriatria e altre specialità è purtroppo indispensabile perché ormai è tardi. 

Inoltre basta alle lobbies dei medici di famiglia che devono essere sensibilizzati per aiutare i loro giovani colleghi delle USCA per una terapia precoce a domicilio in modo da riuscire a ridurre drasticamente l’ospedalizzazione e non mandare in crisi gli ospedali. 

Non è più giusto dire che si “rischiano” congestioni nei pronto soccorso per codici verdi, con file incongrue. Siamo alla certezza che questo avviene. 

I pronto soccorso di Catania, Palermo e Messina sono crollati e già i posti letto esauriti. Li cercano nelle altre provincie che sono anch’esse in difficoltà, ma non vogliamo dirlo. 

Non c’è da aspettare più un secondo, riconosciamo gli errori e sarà un altro il tempo di cercare le responsabilità. 

Adesso si deve avere la responsabilità di smettere di cercare in altri la responsabilità e di scegliere di far passare la piena facendo meno danni possibili. In attesa di ricostruire il sistema con uomini e donne competenti. Il covid non si vince con la politica ma con la competenza e con il senso di responsabilità.  

Avremo poi tempo di parlare delle morti indirette. 

Tra un anno ci potremmo accorgere di una possibile impennata di decessi da tumore, infarto e altro a causa del crollo degli screening e la impossibilità di garantire le cure che sapevamo sarebbero servite.

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Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri

Gentile Presidente Conte,

sono un comune cittadino. Appartengo alla metà d’Italia più vessata dalla pandemia. Avendo un’attività in proprio, devo combattere contro non uno ma due virus: Covid ed economia.

Per questo mi ha colpito la richiesta espressa ieri attraverso RadioRai da Franco Anelli, Presidente dell’Ordine dei Medici, di estendere a tutta la nazione la zona rossa già attiva nella Provincia autonoma di Bolzano e in quattro regioni, fra cui quella in cui vivo io (la Lombardia).

Mi ha colpito perché, visto il calibro del personaggio, non può essere stata mossa senza piena consapevolezza dell’impatto che un provvedimento del genere sortirebbe sul nostro tessuto economico e sociale.

Seguo ogni giorno i dati e ne faccio un post sul mio profilo Fb. Ieri la cifra che balzava all’occhio era quella dell’incremento dei ricoveri in corsia. Siamo ormai a oltre il 90% del picco massimo di quasi 30mila raggiunto il 4 aprile. Di questo passo lo superiamo in tre giorni, per poi proseguire la salita e fermarci chissà quando.

Oggi di Covid si muore molto meno che nella prima ondata, e pure molto meno ci si ammala gravemente, come attesta il progredire delle terapie intensive a velocità dimezzata rispetto a marzo. Tuttavia si finisce di più in ospedale.

Perché?

Non trovo altra risposta se non quella che viene indicata da più parti, ossia che il sistema dei medici di base ha smesso di funzionare. O non riesce a evadere le richieste o non dispone di una rete di comunicazione efficiente coi malati, i quali, a loro volta, dopo quasi un anno di pandemia, versano in condizioni psicologiche incompatibili con la gestione razionale dei sintomi. Si sentono male e, terrorizzati, corrono al pronto soccorso come se 38 di febbre significasse condanna a morte, oppure ragionevolmente esitano ma la mancanza di una congrua assistenza domiciliare fa precipitare le loro condizioni sino a rendere necessario il ricovero.

Le difficoltà della medicina territoriale sono annose. Purtroppo questo cigno nero le ha sbugiardate tutte.

Lei sa meglio di me che esistono medici di base di grande valore. Testimonianze di persone a me vicine certificano come anche in caso di Covid il rapporto diretto con loro renda spesso possibili cure efficaci, in grado di restituire la salute senza gravare sugli ospedali.

Allora la faccio breve e la scongiuro di voler provvedere con la massima rapidità al ripristino di questa rete.

Compito titanico. Ma sarebbe la prova che il posto sui libri di storia cui lei e il suo governo siete già destinati è meritato.